Illecito Civile

L’illecito civile consiste in un fatto doloso o colposo che causa un danno ingiusto ad altri. Anticipando quanto più nel dettaglio verrà specificato nel par. 2.3, per “danno ingiusto”, si intende qualsiasi danno che provochi una lesione di un diritto o un interesse tutelato dall’ordinamento giuridico.

illecito civile

1. Cosa si intende per illecito?

Con il termine “illecito”, nel mondo giuridico, si indica generalmente l’attitudine di una condotta umana a porsi in violazione di una data norma. Un atto o fatto illecito è tale in quanto contrario alle norme del diritto, e dunque “antigiuridico”. L’antigiuridicità consiste nella contrarietà di un atto o fatto rispetto alle norme previste da un ordinamento giuridico.

Il legislatore prevede che il responsabile dell’illecito risponda delle conseguenze negative prodotte a danno dei consociati tramite un sistema sanzionatorio.

2. Cosa si intende per illecito civile?

L’illecito civile consiste in un fatto doloso o colposo che causa un danno ingiusto ad altri. Anticipando quanto più nel dettaglio verrà specificato nel par. 2.3, per “danno ingiusto”, si intende qualsiasi danno che provochi una lesione di un diritto o un interesse tutelato dall’ordinamento giuridico.

Colui che compie un atto illecito è obbligato a risarcire i danni prodotti, a norma dell’art. 2043 c.c. La responsabilità che deriva da un illecito civile viene indicata come “extracontrattuale” o “aquiliana” in quanto prescinde dalla preesistenza di un rapporto obbligatorio.

Tale responsabilità viene infatti considerata in contrapposizione alla responsabilità contrattuale, che viene al contrario generata dall’inadempimento di una obbligazione sorta in precedenza.

Ad esempio, Tizio posizione sbadatamente un vaso di fiori sul davanzale che poi cadendo danneggia l’auto di Caio. Tizio risponderà a titolo di responsabilità extracontrattuale in quanto non esisteva alcun rapporto obbligatorio tra i due.

Se Tizio invece stipula un contratto di compravendita con Caio, trasferendo la proprietà di beni scadenti ed inutilizzabili, sarà responsabile a titolo di responsabilità contrattuale, risultando inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte dal contratto medesimo.

3. Illeciti civili, penali e amministrativi: le differenze

L’illecito civile viene posto in essere da colui che viola una norma civilistica, volta alla tutela di particolari interessi soggettivi privati. La sanzione civile ha la funzione di ristorare il danneggiato dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

L'illecito penale o reato è invece realizzato da colui che viola una norma penale, la quale mira a tutelare interessi di rilievo pubblicistico, ritenuti di particolare importanza dal legislatore, in quanto coincidenti con l’interesse generale alla salvaguardia di un determinato ordinamento politico-sociale.

La sanzione penale o “pena”, a differenza di quella civile, svolge una duplice funzione preventiva e rieducativa, mirante al re-inserimento sociale del reo. Le condotte penalmente rilevanti coincidono con comportamenti qualificabili come “fatti illeciti” in quanto idonei a causare un danno ingiusto nella sfera giuridica altrui.

In questi casi la sanzione civile si cumula con la pena. In fine l’illecito amministrativo consiste nella violazione di una norma di diritto amministrativo, anch’essa posta a tutela di interessi pubblici, ma ritenuti meno incisivi da parte del legislatore per una scelta squisitamente politica.

4. Illecito civile: significato e caratteristiche

Soffermiamoci ora più nel dettaglio sulle caratteristiche dell’illecito civile, o meglio sui suoi presupposti. Affinché il danneggiante possa considerarsi obbligato a risarcire il danno occorrono i seguenti elementi:

Il Fatto

Il fatto è comunemente la condotta umana che produce il danno, la conseguenza negativa della violazione della norma. Si pensi alla guida dell’automobilista che causa il ferimento del pedone. La condotta può essere commissiva, quando consiste in un’azione, o omissiva, quando consiste in una omissione.

L’omissione si configura quando il soggetto agente aveva l’obbligo di attivarsi adottando un dato comportamento. Pone in essere una condotta omissiva, colui che avvedendosi di un pedone ferito sul ciglio della strada, non si appresti a soccorrerlo.

Si ricorda infatti che l’obbligo di soccorso è imposto dall’art. 593 c.p. In alcuni casi il legislatore prevede che il fatto possa consistere anche in un evento naturale, non prodotto materialmente dalla forza umana. Ad esempio, se crolla una parte del muro dell’abitazione di mia proprietà, sarò tenuto a risarcire i danni prodotti a terzi da un eventuale difetto di costruzione (art. 2053 c.c.).

L’illiceità e danno ingiusto

Non è sufficiente che la propria condotta generi un danno ad altri, ma è richiesto che tale danno risulti “ingiusto”. Il danno quindi deve essere causato da una condotta anti-giuridica, che comporti violazione di un diritto soggettivo del danneggiato.

Al contempo la condotta lesiva non deve consistere nell’esercizio di un diritto riconosciuto dall’ordinamento al danneggiante. La giurisprudenza ha da tempo adottato un’interpretazione ampia del concetto di “danno ingiusto”, ritenendo tale non solo il pregiudizio arrecato ad un diritto (assoluto o relativo), ma qualsiasi lesione ad un interesse tutelato dall’ordinamento giuridico.

L’Imputabilità del fatto

Il fatto illecito deve essere imputabile al danneggiante, in quanto soggetto capace di intendere e di volere. A norma dell’art. 2046 c.c. colui che non risultava capace di intendere o di volere al momento del fatto, non può ritenersi responsabile dell’obbligo di risarcimento.

La capacità di intende e di volere consiste nell’essere in grado di comprendere il disvalore del proprio comportamento. Il giudice, caso per caso, valuterà l’imputabilità o meno del soggetto, in base alla sua età, sviluppo cognitivo, presenza di malattie, maturità.

Si sottolinea che, tuttavia, per le condotte lesive degli incapaci, si ritengono generalmente responsabili del risarcimento coloro che sono tenuti alla loro sorveglianza. 4.4 Dolo o colpa Il danneggiante deve porre in essere una condotta dolosa o colposa.

Per dolo si intende la c.d. intenzionalità, o consapevolezza che le proprie azioni possano generare dei danni. La colpa consiste invece nella mancanza di diligenza, prudenza, perizia, oppure nell’inosservanza di norme di leggi, regolamenti, ordini e discipline (art. 43 c.p.). In alcuni casi il legislatore prevede, tuttavia, ipotesi di responsabilita “oggettiva” o “aggravata” che si configurano pur in assenza di dolo o colpa.

Il nesso causale

Tra fatto ed evento lesivo deve sussistere un collegamento causale: la condotta del danneggiante deve essere causa del danno. La condotta si considera causa del danno quando risulta, secondo le comuni regole di esperienza, idonea a provocare simili conseguenze pregiudizievoli. Il nesso causale viene meno quando, invece, il danno rappresenta una conseguenza imprevedibile, anomala, eccezionale rispetto alla condotta posta in essere.

Ad esempio, Tizio guida nel rispetto del codice della strada, quando un passante ubriaco si lancia improvvisamente contro la sua vettura. La conseguente morte del pedone non potrebbe considerarsi causalmente collegata alla condotta di Tizio.

Il danno

Il danno individua tanto la lesione causata in violazione del diritto (danno – evento) quanto le conseguenze negative che la condotta del danneggiate ha generato nella sfera giuridica del danneggiato.

5. Quali sono le sanzioni?

Colui che compie un atto illecito viene sanzionato dal legislatore con l’obbligo di risarcire il danno prodotto a causa della propria condotta. Il risarcimento può presentarsi in due forme: 1) Per equivalente.

Il danneggiante consegna al danneggiato una somma di denaro che equivale al danno da quest’ultimo subito. 2) In forma specifica. Il danneggiante rimuove direttamente il pregiudizio causato. Il danno risarcibile si distingue in:

a) Patrimoniale, coincidente con il pregiudizio di natura economica;

b) Non – patrimoniale, che consiste nella lesione di interessi privi di rilevanza economica.

Il danno patrimoniale si distingue a sua volta in

I. Danno emergente: la riduzione del patrimonio

II. Lucro cessante: il guadagno perso Il danno non patrimoniale deve essere risarcito nei soli casi previsti dalla legge, come recita l’art. 2059 c.c.

Oltre ai casi espressamente previsti dal legislatore, la giurisprudenza considera risarcibile tutti i pregiudizi che risultino - Gravi e non di lieve entità (meri fastidi o disagi) - Corrispondenti a lesioni di diritti inviolabili della persona riconosciuti espressamente dalla Costituzione, o ricavabili per via di una interpretazione evolutiva, dal testo costituzionale avuto riferimento del contesto storico-sociale attuale.

6. Novità legislative

Alla luce dell’impostazione da ultimo invalsa del disposto di cui all’art. 2043 c.c., che disciplina l’illecito civile c.d. extracontrattuale, l’elemento dell’ingiustizia deve essere riferito al danno e non anche al fatto. Dal fatto che l’elemento centrale della responsabilità aquiliana nel codice civile attualmente vigente risulta essere il danno. Da ciò consegue che la disposizione assume carattere primario e precettivo, configurandosi il precetto, nel caso di specie, nel divieto di causare ad altri un danno ingiusto. Invero, la responsabilità aquiliana per il danno ingiusto causato ad altri si configura anche quando il fatto non è espressamente previsto dalla legge come reato.

Inoltre, può accadere che il fatto che ha portato alla produzione del danno ingiusto non sia espressamente previsto da una norma. Si parla in tal caso di fatto atipico, dalla quale consegue la cosiddetta elasticità del danno. Come già si è avuto modo di vedere per danno ingiusto si intende il danno non iure e contra ius, la lesione della sfera giuridica altrui dovendo essere non autorizzata (nel senso che non deve essere autorizzato il fatto da cui deriva la lesione). Il concetto di danno ingiusto non connota, comunque, di illiceità soltanto il danno, ma anche il fatto. Il fatto causativo del danno, come dall’interpretazione più evoluta dell’articolo 1173 c.c. in materia di fonti delle obbligazioni, è, quindi, un fatto illecito.

Quindi, l’articolo 2043 c.c. deve essere letto in una doppia prospettiva, in uno vittimologica e sanzionatoria, pur dovendo considerarsi prevalente la seconda. Dal punto di vista dell’obbligazione risarcitoria conseguente alla commissione di un fatto qualificabile alla stregua di illecito civile, alla luce degli elementi delineati nei paragrafi precedenti, deve, peraltro, sottolinearsi che la quantificazione del danno risarcibile deve avere effettuata tenendo in debita considerazione non solo gli effetti della condotta nella sfera giuridica del danneggiato, bensì anche il profitto tratto dal danneggiante. Ciò, tuttavia, può comportare il fenomeno dell’over compensation: è il problema di fondo dei danni punitivi.

I danni punitivi guardano alla sfera giuridica del danneggiante, parametrando l’obbligazione risarcitoria anche alla sfera giuridica del danneggiante, sugli effetti della condotta del danneggiante sulla sua stessa sfera giuridica (io profitto tratto). Per lungo tempo la giurisprudenza è stata orientata nel senso di ritenere contrastante con l’ordinamento giuridico il fondamento sanzionatorio dei danni puntivi. Ed, infatti, si è a lungo seguita la prospettiva della responsabilità aquiliana di tipo c.d. vittimologico, dal momento che si riteneva di dover aver riguardo alla figura del soggetto danneggiato e, quindi, la funzione della responsabilità aquiliana sarebbe stata di natura riparatoria-ripristinatoria e non anche sanzionatoria.

Ciò significa che la finalità ultima di tale tipo di responsabilità era ritenuta esclusivamente quella di ripristinare lo status quo ante (ossia la situazione di fatto esistente prima della commissione del fatto causativo del danno). Senonché, con recente pronuncia le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si è assistito ad un mutamento di orientamento, tale per cui è stato pronunciato il diverso principio di diritto in virtù del quale nel vigente orientamento la responsabilità civile derivante dalla commissione di un fatto illecito non ha solo il compito di ripristinare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione e ciò in quanto sono da considerare interne al sistema della funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile. Partendo da tali premesse la Suprema Corte ha, pertanto, concluso che non è ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei danni punitivi.

Affinché una sentenza straniera che contenga una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal fatta deve, però, essere stata resa nell’ordinamento straniero fondata su appigli normativi che garantiscono la tipicità (e, quindi, l’agevole individuazione) delle ipotesi di condanna, la prevedibilità di quest’ultima oltre a limiti quantitativi, dal momento che, in sede di decisione, occorre avere riguardo esclusivamente agli effetti dell’atto straniero nell’ordinamento interno ed alla loro compatibilità con l’ordine pubblico. Tra le ipotesi espressamente disciplinate dall’ordinamento giuridico italiano si rammentano il fenomeno della retroversione di cui all’articolo 125 del codice della proprietà industriale, la violazione del diritto d’autore di cui all’articolo 158 Legge 6333/41 (legge sul diritto d’autore), le cc.dd. penalità di mora.

7. Conclusioni

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Fonti Normative e Giurisprudenza:

  • Art. 1223 c.c.
  • Art. 2043 c.c.
  • Art. 2047 c.c.
  • Art. 2053 c.c.
  • Art. 2056 c.c.
  • Art. 2059 c.c.
  • Art. 43 cp.p
  • Art. 593 c.p.
  • Cass. SS. UU. n 794/2009
  • Cass. SS. UU n. 26972/2088