Condominio: come avviene la ripartizione delle spese di riscaldamento.

Uno dei vantaggi del vivere in condominio è quello di ripartire le spese per i beni comuni tra tutti i proprietari cosicché il costo pro capite risulta decisamente inferiore. Questa regola vale sia per tutto quel che concerne la manutenzione dei beni comuni ai condomini sia per la componente energetica relativa all’impianto di riscaldamento, ovviamente se l’impianto è centralizzato. Vediamo come avviene in condominio la ripartizione delle spese di riscaldamento.

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Va ricordato che dal 2017 è obbligatorio – salvo i casi di esenzione legislativamente previsti - che tutti i radiatori di calore siano dotati di valvole termostatiche in modo da evitare lo spreco di energia ed avere un risparmio sui costi; a queste valvole sono affiancati dei dispositivi atti a calcolare l’effettivo consumo di calore di ogni particella del condominio.

1. Quali sono le spese di riscaldamento in un condominio?

Quando si parla delle spese per il riscaldamento condominiale ci si può riferire tanto al costo in sé dell’energia, quanto ai costi di installazione, manutenzione e riparazione dell’impianto stesso.

La prima distinzione vede contrapporsi: 

  • i condomini che usufruiscono dell’impianto centralizzato
  • i condomini che non sono collegati o si sono distaccati dallo stesso.

In tema di spesa bisogna poi distinguere tra:

  • spese straordinarie, cioè quelle per la caldaia e per la manutenzione delle condutture (attenzione a quanto ci dice l’art. 1117 cod. civ.: solo la spesa per il

tratto condominiale è condivisibile; la tubatura del singolo appartamento che funge da allaccio al canale condominiale è una spesa del singolo proprietario);

  • spese per l’utilizzo della componente energetica
In quest’ultima voce di spese vanno a loro volta distinti:
  1. i consumi volontari: quelli dovuti all’azione di colui che abita l’appartamento e che sono dallo stesso governabili (ad es. tramite apertura, regolazione e chiusura delle termo-valvole);
  2. i consumi involontari: non dipendono dalla volontà dell’inquilino (ad es. le dispersioni dovute alla vetustà dell’impianto.
Ovviamente quest’ultima distinzione è frutto dell’obiettivo di risparmio energetico cristallizzato dall’Unione Europea con la Direttiva n. 27 del 2012.
La disposizione sovranazionale è stata recepita in Italia nel 2014 ed ha dato vita alla normativa UNI 10200 che di seguito si analizzerà.

2. Il metodo di ripartizione tradizionale della spesa per il consumo dell’energia per il riscaldamento

La norma di riferimento in tema è rappresentata dall’art. 1123 cod. civ. che ci dice sia il quorum assembleare per l’adozione di provvedimenti di spesa per le cose comuni, sia il metodo di ripartizione della spesa.

Per provvedere alla manutenzione dei beni comuni, la delibera dev’essere adottata dall’assemblea a maggioranza.

Questa maggioranza varia a seconda del tipo di spesa (ordinaria o straordinaria) ed a seconda della convocazione dell’assemblea (prima chiamata o successive).

Per quel che riguarda la ripartizione delle spese, la norma impone un criterio proporzionale – per intenderci, in base ai millesimi – salvo che con il regolamento di condominio ci si sia accordati per un diverso metodo.

La stessa norma aggiunge che qualora la cosa comune porti vantaggio in misura diversa ai singoli condomini, è legittimo derogare al criterio millesimale in ragione di una ripartizione più equa.

Tant’è che nelle ipotesi in cui un bene comune (ad es. ascensore o impianto di riscaldamento) avvantaggi un’immobile in misura diversa rispetto agli altri è ammesso un c.d. criterio di ripartizione misto.

Detto criterio prevede la scissione della spesa in due quote:

  • la quota fissa che verrà suddivisa tra i condomini secondo i millesimi;
  • la quota variabile che sarà addebitata ai singoli in ragione del maggior vantaggio che traggono dal bene oggetto di spesa.

3. Cos’è la UNI 10200 e come avviene la suddivisione delle spese di riscaldamento?

A norma della legge italiana le spese in condominio vanno suddivise in base ai millesimi che ogni proprietario possiede in ragione della natura proporzionale del godimento del bene.

Ciò non escludeva a priori che la volontà comune dei proprietari volgesse in altro senso. Infatti, vi è la possibilità di utilizzare un metodo di ripartizione dei costi differente purché sia accettato e concordato con tutti i condomini. 

In altri termini, la volontà delle parti può derogare al criterio stabilito dalla legge. Nel 2012, gli Stati membri dell’UE si sono fatti carico di un nuovo obiettivo: il risparmio energetico.

In ragione di ciò, dopo diversi rinvii, dal 31 luglio 2017, è fatto obbligo a tutti i proprietari di immobili siti in condomini di dotare i termosifoni di valvole termostatiche e contabilizzatori di calore.

La UNI 10200 è la norma che detta la procedura di ripartizione delle spese di riscaldamento condominiale:

  1. determinare la spesa complessiva e l’energia utile prodotta;
  2. calcolare il costo unitario dell’energia utile e, se il generatore è atto alla produzione di acqua calda sanitaria, decurtare la quota di energia utilizzata dal generatore per produrla;
  3. con l’ausilio del totale consumo dato dai contabilizzatori, dividere il consumo volontario di energia da quello involontario;
  4. infine, ripartire il consumo volontario in base al consumo registrato dal singolo contabilizzatore per l’appartamento, mentre i consumi involontari vanno ripartiti con il criterio proporzionale.

Vi sono casi di esenzione rispetto all’obbligo delle valvole e dei contabilizzatori. Infatti sono previsti 2 casi in cui i condomini non sono passibili di sanzione se non ottemperano all’obbligo legislativo:

  1. a priori, l’installazione dei sistemi non risulta tecnicamente possibile, efficiente in termini di costi e proporzionata rispetto ai risparmi energetici potenziali;
  2. dopo l’installazione di tali sistemi questi non risultano essere efficiente in termini di costi.

In questi casi l’unico metodo per calcolare i consumi rimane quello tradizionale, cioè per millesimi.

4. Le spese di manutenzione straordinaria

Le spese di manutenzione straordinaria (ad es. sostituzione o riparazione della caldaia) sia nel caso di istallazione delle termo-valvole sia nell’ipotesi di esenzione dalle stesse, nonché nel caso in cui il singolo proprietario si sia distaccato dall’impianto centralizzato, restano vincolate al criterio di ripartizione proporzionale per millesimi ovvero al criterio misto (quota fissa/quota variabile).

5. Cosa succede se qualcuno non paga?

I condomini sono obbligati al pagamento delle spese condominiali risultati nel piano di riparto e approvate con bilancio consuntivo, comprensive anche delle spese di riscaldamento. L’amministratore di condominio è tenuto alla riscossione delle quote del condomino moroso.

Va segnalato che ai sensi dell'art. 63, comma 3, disp. Att. c.c., "in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato".

Ai fini della nostra disamina è d’uopo precisare che la giurisprudenza ha mostrato orientamenti contrastanti sul punto, ritenendo a più riprese di escludere che l’amministratore debba sospendere tra la fornitura dei servizi essenziali, anche il riscaldamento.

Gli orientamenti che ammettono la sospensione della fornitura di gas fondano il loro assunto sulla ratio dell’art. 3 del Dpcm del 29/08/2016, per il a quale “in nessun caso è applicata la disalimentazione del servizio con riferimento agli utenti domestici residenti che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale, come individuati dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico in coerenza con gli altri settori dalla stessa regolati, ai quali è in ogni caso garantito il quantitativo minimo vitale pari a 50 litri abitante giorno” .

Il Tribunale di Bologna ha ritenuto che la tutela legale accordata dal suindicato Dpcm in favore del debitore riguardasse esclusivamente il servizio idrico, non già gli altri servizi quali gas ed energia elettrica.

Pertanto, con ordinanza ha accolto le istanze del Condominio, che in sede di reclamo aveva impugnato la pronuncia di primo grado con la quale il Giudice, rigettando il ricorso, aveva ritenuto non comprimibile la tutela alla salute ex art. 32 Cost. del soggetto inadempiente a fronte del diritto di credito vantato dal Condominio e che tale servizio fosse essenziale.

Ad avviso della giurisprudenza di merito, in presenza della morosità di un condomino non può invocarsi sic et simpliciter l’essenzialità del servizio, qualora la morosità possa pregiudicare i diritti dei condomini adempienti che debbano sostenere i costi del condomino moroso o che possano subire addirittura il distacco da parte dell’Ente erogatore.

Pertanto, ai sensi del citato art. 63, nel caso in cui si sia di fronte ad una morosità che inerisca il servizio di riscaldamento e questo sia suscettibile di godimento separato e la morosità perduri da oltre sei mesi, l’amministratore può procedere con la sospensione della fornitura attraverso un atto di diffida e successivamente un’azione giudiziale, tramite il ricorso di cui all’art. 700 del c.p.c.

Il condomino, dal canto suo dovrà dimostrare lo stato di stato di disagio economico-sociale al fine di non vedersi interrotta la fornitura del gas. La soluzione testè prospettata non costituisce l’unica via che può intraprendere l’amministratore. Infatti, attraverso la sospensione egli eviterà che il condomino moroso possa produrre ulteriore debito aggravando la gestione delle spese a danno di tutti i condomini, ma dovrà rispettare, altresì, l’ulteriore obbligo del recupero del credito di tutte le somme di denaro non versate dal condomino moroso.

Pertanto nell’interesse di tutti i condomini dovrà attivarsi per procedere alla riscossione degli importi non adempiuti. Molto spesso dovrà affidarsi ad un legale di fiducia, trattandosi di attività molto tecniche.

L’avvocato cui verrà dato mandato dapprima dovrà diffidare il condomino inadempiente, mettendolo in mora dando un termine allo stesso per porre in essere l’adempimento dell’insoluto. Se questa prima attività non andrà a buon fine, l’avvocato incardinerà un ricorso per decreto ingiuntivo, che se non opposto nel termine di 40 giorni diverrà esecutivo.

A questo punto il legale del Condominio notificherà un atto di precetto e nei dieci giorni successivi, se il debitore non avrà ancora adempiuto la sua obbligazione, intenterà l’esecuzione forzata sui beni del condomino moroso entro novanta giorni dalla notifica dello stesso.

Prima di notificare un atto di pignoramento il legale effettuerà un’indagine sui beni del debitore. Se il condomino moroso risulti proprietario di beni immobili, il Condominio potrà iscrivere un pignoramento immobiliare sugli stessi. Altrimenti potrà pignorare i beni mobili (come automobili, quadri ect..) o procedere al pignoramento presso terzi, che consiste nel pignoramento delle somme di denaro detenute presso conti correnti bancari o postali.

Qualora la situazione debitoria del condomino non sia grave o ci sia la volontà dello stesso di far fronte alla propria posizione, viene auspicata, laddove possibile, la via dell’accordo transattivo tra le parti, ciò anhce al fine di evitare ulteriori aggravi di costi e spese al Condominio.

Redatto da: Pietro Luigi Stellaccio
Aggiornato da: Simona De Mauri
 

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Avvocato Reva Kunze

Reva Kunze

Sono l'avv. Simona De Mauri, mi occupo di diritto penale diritto civile, in particolar modo di procedure esecutive, diritto commerciale, assicurativo e famiglia.