L’assegno di mantenimento dei figligli

L’assegno di mantenimento costituisce una somma periodica – generalmente mensile – che il genitore è obbligato a versare al figlio al fine di garantire a quest’ultimo il soddisfacimento delle proprie necessità quotidiane (spese per il vestiario, l’istruzione, ecc.).

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Come ben sappiamo, una separazione o un divorzio non toccano solo marito e moglie, ma coinvolgono anche i figli, i quali si trovano a dover subire la decisione presa dai propri genitori. Nonostante il legame tra i coniugi si dissolva, infatti, quello con i figli rimane e proprio per questo motivo il legislatore, oltre a disciplinare l’assegno di mantenimento del coniuge, si occupa anche del mantenimento dei figli coinvolti in una procedura di separazione o divorzio.

L’assegno di mantenimento dei figli, che cos'è?

L’assegno di mantenimento costituisce una somma periodica – generalmente mensile – che il genitore è obbligato a versare al figlio al fine di garantire a quest’ultimo il soddisfacimento delle proprie necessità quotidiane (spese per il vestiario, l’istruzione, ecc.).

L’obbligo dei genitori di mantenere i figli è infatti sancito dalla Costituzione stessa (art. 30), accanto all’obbligo di istruirli ed educarli e, come detto, tale obbligo non può venire meno nel caso in cui i genitori decidano di separarsi o divorziare. Si tratta inoltre di un obbligo che vale non solo per i figli nati in costanza di matrimonio (c.d. figli legittimi), ma anche per i figli nati fuori dal matrimonio (c.d. figli naturali): questo è sempre sancito dalla Costituzione, ma è stato ribadito con maggior vigore da una recente riforma legislativa (l. 219/2012), la quale ha introdotto una piena equiparazione, sotto differenti profili, tra figli legittimi e figli naturali.

Ciò significa che l’assegno di mantenimento è dovuto ai figli in due casi: nel caso in cui sia in corso un procedimento di separazione o divorzio e vi siano dei figli; nel caso in cui si tratti di coppie non sposate e non più conviventi, i genitori sono comunque tenuti al mantenimento dei figli naturali.   

Nel corso del processo di separazione o divorzio il giudice deve emanare alcuni fondamentali provvedimenti riguardanti:

  1. l’affidamento dei figli, ricordando comunque che il codice civile pone come regola fondamentale l’affidamento condiviso, grazie al quale i figli possono mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. Essendo questa la regola, l’eccezione è rappresentata dall’affidamento esclusivo ad uno dei genitori: ciò può verificarsi solo nel caso in cui il rapporto con uno dei due genitori arrechi un pregiudizio al figlio;
  2. l’assegnazione della casa familiare, provvedimento questo che riguarda da vicino soprattutto i figli, dal momento che la legge stabilisce che la casa familiare è assegnata tenendo conto innanzi tutto dell’interesse dei figli, valutando ad esempio i danni che può arrecare al figlio l’allontanamento dalla casa in cui ha vissuto sin dalla nascita. L’assegnazione della casa familiare è importante anche per regolare i rapporti economici tra i genitori: se ad esempio la casa familiare è assegnata alla madre ed il marito è tenuto a corrispondere un assegno di mantenimento alla moglie, questo sarà determinato tenendo conto del fatto che alla stessa è già stato attribuito il godimento della casa e dunque non sarà costretta ad utilizzare alcuna risorsa economica per soddisfare le proprie esigenze abitative;
  3. l’aspetto economico e quindi il giudice dovrà stabilire la misura dell’assegno di mantenimento destinato ai figli.

Quale genitore provvede al mantenimento dei figli?

Del mantenimento dei figli si occupano entrambi i genitori in misura proporzionale al proprio reddito e si fa innanzi tutto applicazione degli eventuali accordi intercorsi tra i coniugi.

In mancanza di accordo espresso, è il giudice a stabilire la misura dell’assegno che uno dei genitori deve versare all’altro per il mantenimento del figlio, anche se il legislatore fissa alcuni parametri utili ai fini del calcolo dell’assegno di mantenimento:

  1. esigenze del figlio;
  2. tenore di vita cui era abituato il figlio nel corso della convivenza con entrambi i genitori;
  3. tempi di permanenza del figlio presso ogni genitore;
  4. risorse economiche dei genitori;
  5. valore dei compiti domestici e di cura assunti da ogni genitore

Laddove si tratti di figlio minorenne, naturalmente, l’assegno sarà versato al genitore il quale ne disporrà appunto al fine di soddisfare le esigenze del minore e sostenere le relative spese.

L’Assegno di mantenimento ai figli minori

A seguito della separazione o divorzio coniugale, persiste l’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli minori, provvedendo alla loro cura, educazione ed istruzione.

A tal fine, l’art. 337 ter, codice civile, prevede che il giudice, in sede di separazione o divorzio, stabilisce le modalità e l’entità del mantenimento a cui sono obbligati entrambi i genitori, salvo che non sussista uno specifico accordo stipulato dai coniugi, relativamente al mantenimento dei figli minori, purché l’accordo stesso risponda al primario e superiore interesse del minore medesimo.

L’accordo tra i coniugi, può riferirsi sia al contributo economico disposto a carico di ognuno dei genitori, potendo concordare una diversa partecipazione al mantenimento della prole, e sia stabilire modalità diverse dall’assegno, per far fronte alle necessità dei loro figli.

In mancanza di un accordo coniugale, il giudice stabilisce l’ammontare dell’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, in misura proporzionale al reddito percepito da ognuno dei genitori.

L’assegno di mantenimento dei figli maggiorenni

L’assegno di mantenimento non spetta tuttavia solo ai figli minorenni, ma il legislatore ha previsto anche un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne. Ciò che giustifica l’erogazione dell’assegno di mantenimento da parte del genitore, infatti, non è la minore età del figlio, ma il fatto che egli non sia dotato di indipendenza economica e, considerata l’attuale crisi economica del nostro paese, è normale che anche una volta superata la maggiore età i figli non siano in grado di mantenersi da soli.

Per questo motivo il giudice, in sede di divorzio o separazione, in presenza di figli maggiorenni che non siano economicamente autosufficienti, può disporre il pagamento di un assegno periodico, che sarà versato direttamente al figlio e non più al genitore, come accade invece in presenza di figlio minorenne.

Nel caso in cui invece il figlio maggiorenne sia portatore di handicap, si applicano le stesse regole che valgono per i figli minori d’età.

Cosa succede se il genitore non corrisponde l’assegno di mantenimento al figlio

Capita spesso che il genitore smetta di contribuire al mantenimento del figlio per diversi problemi, spesso legati anche ad un’indigenza economica. In questo caso possono scattare conseguenze sia civili che penali ed in particolare:

1) dal punto di vista civile, si parla di inadempimento, il quale può consentire all’altro genitore di agire in giudizio innanzi al tribunale ordinario in nome e per conto del figlio e domandare la corresponsione delle relative somme attraverso l’emanazione di un decreto ingiuntivo da parte del giudice;

2) dal punto di vista penale, qualora si tratti di un inadempimento particolarmente grave e connotato di particolari caratteristiche meglio specificate dal codice penale (art. 570 c.p.), il genitore che non corrisponde tale assegno rischia di incorrere nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. 

E’ pur vero che a volte, nonostante l’amore e la piena dedizione verso i propri figli, i problemi economici impediscono di garantire agli stessi il medesimo tenore di vita. Per evitare tuttavia di incorrere nelle conseguenze civili e penali sopra menzionate, meglio sarebbe per il genitore in difficoltà consultare il proprio legale di fiducia al fine di adire il tribunale ordinario in sede civile e domandare la revisione dell’assegno di mantenimento, essendo questo consentito dal nostro ordinamento (art. 710 c.p.c.).

L’assegno di mantenimento in caso di separazione dei coniugi

Con la separazione, a differenza del divorzio, il rapporto coniugale non viene meno, sicché restano sospesi gli obblighi di natura personale tra i coniugi, quali fedeltà, convivenza e collaborazione, ma non anche quelli di natura patrimoniale. In particolar modo non viene meno il dovere di contribuire alle esigenze della famiglia e primariamente al sostentamento ed alla crescita dei figli.

Da quanto appena detto discente il diritto del coniuge, cui non è stata addebitata la separazione e che ne faccia richiesta, a ricevere un assegno di mantenimento, posto a carico dell’altro coniuge, la cui entità è determinata in relazione ai redditi del coniuge obbligato e dei bisogni dell’altro.

Il dovere di corresponsione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge separato trova il proprio obbligo di legge nell’art.156 cod. civ..

Laddove la separazione avvenga in presenza di figli la legge dispone che ciascuno dei coniugi è tenuto a provvedere al mantenimento della prole in misura proporzionale al suo reddito; al fine di realizzare tale principio di proporzionalità, il giudice può decidere di imporre a carico di uno dei due coniugi l’obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento, con funzione perequativa della posizione dei due obbligati.

La sentenza di divorzio, invece, comporta la cessazione di tutti gli effetti patrimoniali e non patrimoniali del matrimonio ma la legge riconosce al coniuge divorziato il diritto a conseguire un assegno divorzile allorché non disponga di mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive. In questo caso l’assegno assolve principalmente una funzione solidaristica, cui si affiancano anche quella risarcitoria e compensativa, ed è per questo motivo che il diritto all’assegno di mantenimento viene meno ipso iure se il beneficiario passa a nuove nozze.

Al coniuge cui non sia stata addebitata la separazione e che ne faccia richiesta la legge riconosce il diritto a ricevere da parte dell’altro un assegno di mantenimento.

Il Giudice al fine di vagliare l’opportunità di asserire alla richiesta e concedere l’assegno di mantenimento è tenuto ad accertare che il coniuge richiedente:

  1. Non sia in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita analogo a quello offerto dalle potenzialità economiche di entrambi, da individuarsi con riferimento allo standard di vita familiare reso oggettivamente possibile dal complesso delle loro risorse economiche, in termini di redditività, capacità di spesa, garanzia di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro;
  2. Versi, alla stregua di una valutazione comparativa, in una condizione economica deteriore rispetto all’altro, tenuto conto di circostanze ulteriori quali la durata della convivenza, fermo restando che non è necessaria una individuazione precisa di tutti gli elementi relativi alla situazione patrimoniale e reddituale dei coniugi, essendo sufficiente una loro ricostruzione generale attendibile.

In particolar modo l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche.

In caso di separazione consensuale saranno gli stessi coniugi, con l’ausilio di un avvocato, a determinare il quantum per l’assegno di mantenimento, in tal caso il giudice adito si limiterà ad omologare le condizioni stabilite dalle parti previa verifica della relativa congruità.

Diversamente, nel caso in cui i coniugi non raggiungano un accordo o la separazione non sia consensuale, sarà compito dell’organo giudicante determinare l’importo dell’assegno di mantenimento cercando di riequilibrare le reali capacità economiche delle parti.

In caso di inadempimento da parte del coniuge obbligato a corrispondere l’assegno di mantenimento, il giudice, su richiesta dell’interessato, potrà disporre il sequestro conservativo sui beni del coniuge debitore. Inoltre, nel caso in cui il coniuge inadempiente sia a sua volta creditore nei confronti di terzi di somme di denaro da versare periodicamente, il giudice potrà ordinare a questi ultimi di versare direttamente al coniuge avente diritto l’intero o una parte degli importi dovuti al coniuge inadempiente.

Laddove intervengano mutamenti rilevanti nella condizione di vita di uno dei due coniugi, può essere avanzata in qualsiasi momento la richiesta di revisione dell’assegno di mantenimento.

Fermo restando che l’assegno di mantenimento si adegua automaticamente alle variazioni degli indici ISTAT, tuttavia, al fine della sua applicazione, occorre che il coniuge percepente faccia espressa richiesta di versamento del conguaglio al coniuge debitore.

La formazione di una famiglia di fatto da parte del coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno di mantenimento al più può incidere sulla modifica del valore dell’assegno, potendo questo comportare delle modifiche in meglio o in peggio delle sue condizioni economiche, ma non ne determina ipso iure la caducazione.

Diversamente, la formazione di un nuovo nucleo familiare da parte del coniuge creditore dell’assegno di mantenimento attribuisce al coniuge debitore il diritto a richiedere la riduzione o la sospensione della corresponsione dell’assegno di mantenimento laddove abbia comportato un miglioramento delle condizioni di vita del coniuge percepente.

Casi d’esclusione dell’assegno di mantenimento

In alcune ipotesi l’assegno di mantenimento non spetta all’ex coniuge, qualora:

  1. venga addebitata la separazione ad uno dei coniugi, perdendo di conseguenza il diritto al mantenimento;
  2. il coniuge richiedente abbia redditi personali o cespiti, tali da consentirgli il raggiungimento dell’indipendenza economica.

Il coniuge obbligato può chiedere la revoca o diminuzione dell’assegno, quando:

  1. il coniuge richiedente contragga nuove nozze, oppure instauri una convivenza stabile tale da consentire un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge beneficiario, dovuto all’apporto economico del convivente a provvedere al suo mantenimento o abbia un risparmio di spesa per il proprio sostentamento, dovute alla convivenza stessa;
  2. il coniuge beneficiario rifiuti ingiustificatamente di svolgere un’attività lavorativa a discapito del coniuge obbligato;
  3. peggiorano, successivamente alla pronuncia giudiziale, le condizioni economiche del coniuge obbligato, a causa della perdita del lavoro o delle rendite da cui traeva guadagno.

Al figlio maggiorenne non spetta l’assegno di mantenimento o ne è possibile la revoca o diminuzione, qualora:

  1. il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica tale da provvedere al proprio sostentamento;
  2. la mancata autosufficienza sia dovuta all'inadempimento del figlio, a fronte di concrete opportunità lavorative, tali da consentire di essere economicamente autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per sua colpa o per sua scelta, o quando il figlio maggiorenne, negligentemente non abbia conseguito un titolo di studio o ingiustificatamente non si sia adoperato nella ricerca o svolgimento di un'attività lavorativa.

Calcolo dell’assegno di mantenimento

I parametri di cui il giudice deve tenere conto nel determinare l'assegno di mantenimento sono diversi. L’ammontare dell’assegno di mantenimento, è calcolato, in considerazione:

  • del tenore di vita di cui i figli hanno goduto, durante il matrimonio;
  • delle esigenze dei figli;
  • del tempo di permanenza presso ogni genitore;
  • dei redditi che essi possiedono;
  • dell’apporto domestico ed assistenziale, quantificato in termini economici, che i genitori dedicano ai figli.

Al fine di determinare, in misura proporzionale, il contributo economico dovuto da entrambi i genitori, il giudice, deve far riferimento:

  • ai redditi posseduti dai genitori, considerando sia quelli derivanti da un’attività professionale e sia quelli derivanti da altre fonti come immobili in affitto;
  • il numero dei figli, a carico di ogni coniuge;
  • la rilevanza economica della casa coniugale, in quanto il coniuge non assegnatario, deve sopportare il costo di un altro appartamento, e ciò influisce sulla sua capacità economica.

Roberto Ruocco

Fatima Santina Kochtab

 

Fonti normative

Art.156 cod. civ.

Cass. Civ. sez.I, 16 maggio 2017, n.12196

Codice civile: articoli 147, 315 bis, 316 bis, 337 ter, 337 septies.

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