Separazione tra conviventi con figli minori: diritti e doveri

La legge Cirinnà, ha riconosciuto giuridicamente, le coppie conviventi, attribuendoli diversi diritti e doveri. Nei confronti dei figli delle coppie di fatto, invece, si applicano le stesse norme, dettate per i figli nati in costanza di matrimonio. Vediamo i dettagli.

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Quando una coppia coniugale decide di separarsi, si rende necessario stabilire i rapporti tra i coniugi e i loro figli, specialmente se si tratta di minori. La tutela degli interessi dei bambini diventa prioritaria in questo contesto. In passato, la questione era legata principalmente alle coppie conviventi, ovvero coloro che sceglievano di vivere insieme senza contrarre matrimonio, sia esso religioso o civile. La situazione si complicava ulteriormente, soprattutto quando erano coinvolti figli minori, all'epoca ancora identificati come nati fuori dal matrimonio.

L'intervento della legge Cirinnà ha apportato una disciplina in questo ambito, conferendo riconoscimento giuridico alle coppie conviventi e attribuendo loro specifici diritti e doveri, con conseguenze dirette anche per i figli minori. Orbene, innanzitutto chiariamo cosa si intende per convivenza di fatto o, altrimenti detta, more uxorio

Cosa si intende esattamente per "convivenza di fatto"?

Per comprendere appieno il significato nel contesto del diritto di famiglia, è necessario analizzare le due parole separatamente: 1) la convivenza è la circostanza e la condizione di vivere materialmente e stabilmente insieme nello stesso luogo; 2) la convivenza si definisce "di fatto" quando la coabitazione stabile avviene tra una coppia non vincolata (o non unita) da un matrimonio, che sia esso civile o religioso. Nel linguaggio giuridico, viene identificata con l'espressione "convivenza more uxorio" (a modo di moglie), indicando un rapporto di convivenza identico a quello tra coniugi, ad eccezione dell'unione coniugale. Fino al 2016, questa condizione non era espressamente disciplinata, rappresentando un terreno sconosciuto guidato solo dalle decisioni dei giudici. Privi di tutela legale in Italia, i conviventi di fatto erano esclusi dai diritti e doveri attribuiti ai coniugi sposati. Le cose cambiarono nel 2016 con l'approvazione della Legge n. 76, nota come Legge Cirinnà.

Questa legge ha introdotto il riconoscimento giuridico delle convivenze di fatto, delineando diritti e doveri per i conviventi, sia nei confronti della pubblica amministrazione che in caso di scioglimento della convivenza e necessità di regolare rapporti personali, patrimoniali e l'affidamento dei figli minori. La convivenza di fatto può coinvolgere soggetti di sesso diverso o dello stesso sesso, purché maggiorenni e privi di vincoli di parentela, affinità, adozione o matrimonio civile. La Legge Cirinnà regola sia le unioni civili tra persone dello stesso sesso che le convivenze di fatto, stabilendo che "La presente legge istituisce l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto." Secondo la definizione fornita dalla Legge Cirinnà, la qualifica di conviventi di fatto deriva dalla presenza di un rapporto affettivo stabile, caratterizzato da una convivenza nella stessa abitazione, mirato alla mutua assistenza sia materiale che morale. Per ottenere il riconoscimento giuridico, è necessario presentare una dichiarazione all'anagrafe del comune di residenza, esprimendo la volontà di ufficializzare il rapporto e diventare così conviventi di fatto, con conseguente attribuzione di diritti e doveri.

Legge Cirinnà

La Legge Cirinnà ha delineato e regolato una serie di prerogative e diritti legati alla convivenza di fatto, che fondamentalmente riflettono i diritti e doveri delle coppie sposate. Le disposizioni relative alla convivenza di fatto sono disciplinate a partire dall'articolo 36 della legge n. 76/2016, il quale inizia definendo l'istituto in questione e il concetto di stabile convivenza come segue: "si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile." Automaticamente, la legge attribuisce ai conviventi una serie di diritti analoghi a quelli riconosciuti alle coppie sposate, tra cui: Diritti penitenziari: I conviventi di fatto godono degli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario (articolo 38).

Diritti in caso di malattia o ricovero: In situazioni di malattia o ricovero, i conviventi di fatto hanno il diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali, secondo le regole delle strutture sanitarie, sia pubbliche, private o convenzionate (articolo 39). Rappresentanza legale: I conviventi di fatto hanno il diritto di rappresentare il partner in caso di incapacità, donazione degli organi, tutela o curatela in caso di interdizione o inabilitazione. La nomina del partner rappresentante deve essere effettuata per iscritto, con firma o, in casi eccezionali, verbalmente alla presenza di un testimone. Diritto di abitazione: In caso di morte del proprietario della casa in cui risiedono entrambi, il convivente superstite ha il diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo equivalente alla durata della convivenza se superiore a due anni, ma non oltre i cinque anni. Successione nel contratto di locazione: In caso di morte del conduttore o recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha la facoltà di succedergli nel contratto (articolo 44).

Preferenza nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi: I conviventi di fatto possono godere della stessa preferenza, nelle medesime condizioni, rispetto agli appartenenti a nuclei familiari, nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare. Diritti del convivente nell'ambito dell'impresa familiare: L'articolo 230ter, introdotto dalla Legge Cirinnà, prevede che il convivente di fatto che contribuisce stabilmente all'impresa dell'altro convivente ha diritto a una partecipazione agli utili dell'impresa familiare e ai beni acquisiti con essi, inclusi gli incrementi dell'azienda, in misura proporzionale al lavoro svolto. Tuttavia, tale diritto non sussiste se tra i conviventi esiste un rapporto di società o di lavoro subordinato.

Separazione e rapporti con i figli

La separazione tra conviventi, genera a loro carico i medesimi diritti ed obblighi, previsti in capo ai genitori uniti in matrimonio, nei confronti dei figli. Ciò in quanto, non sussiste più alcuna disparità di trattamento tra figli nati da coppie unite in matrimonio ed i figli delle coppie non convolate a nozze. Dall'esame di quanto sopra, emerge che i genitori conviventi, in modo analogo ai genitori coniugati, dopo la cessazione della loro convivenza, sono chiamati a condividere la responsabilità genitoriale. Essi devono garantire, in base alle rispettive capacità lavorative o domestiche, il sostentamento, l'educazione e l'istruzione dei figli, offrendo supporto morale e materiale in linea con le esigenze e le aspirazioni dei figli minori. In tale contesto, trovano applicazione le disposizioni del codice civile, Libro primo, Titolo IX, Capo II, concernenti i rapporti familiari e la responsabilità genitoriale.

Secondo l'articolo 337ter comma 1 del codice civile, "Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale". Nel caso di separazione tra conviventi con figli minori, i due partner possono concordare l'affidamento e il collocamento dei figli, stabilendo le modalità e la durata della permanenza presso il genitore non collocatario. Devono inoltre definire l'importo e le modalità di pagamento dell'assegno di mantenimento per i figli minori, in base alle risorse economiche di ciascun genitore e tenendo conto dello stile di vita goduto dai figli durante la convivenza, nonché delle loro esigenze. L'accordo tra i genitori al termine della convivenza deve essere presentato all'autorità giudiziaria per la sua valutazione, al fine di accertarne la conformità all'interesse predominante e superiore del figlio minore. Analogamente, nel caso in cui i genitori non raggiungano un accordo sulla custodia e il mantenimento del minore, devono necessariamente rivolgersi al giudice per la risoluzione della controversia.

I diritti tra conviventi

La Legge Cirinnà, ha previsto e regolato una serie di prerogative e diritti collegati alla convivenza di fatto, che ripercorrono sostanzialmente i diritti e doveri delle coppie sposate.

Le disposizioni attinenti la convivenza di fatto sono regolate a partire dall’art. 36, della legge n.76/2016, il quale inizia col definire l’istituto in parola ed il concetto di stabile convivenza; “si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.”

Ai conviventi, la legge ricollega in modo automatico una serie di diritti connessi alla vita sociale, riconosciuti alle coppie unite in matrimonio, tra quali è possibile annoverare:

1) I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario (art. 38);

2) In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché il diritto di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari (art. 39);

3) il diritto di rappresentazione, in caso d'incapacità o per la donazione degli organi oppure quale tutore o curatore in caso d’interdizione o inabilitazione. La nomina del partner, quale proprio rappresentante, deve essere effettuata per iscritto, apponendo in calce la propria firma, fatta eccezione esclusivamente per l’ipotesi, in cui il soggetto sia impossibilitato, procedendo, in tal caso, con la nomina orale, alla presenza di un testimone;

4) In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

5) Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto (art. 44);

6) Nel caso in cui l'appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parita' di condizioni, i conviventi di fatto.

7) La legge n.76/2016 ha previsto, inoltre, l’introduzione nella sezione VI del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile dell’art. 230ter intitolato “diritti del convivente”, prevedendo “al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonche' agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, commisurata al lavoro prestato. I

l diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di societa' o di lavoro subordinato”

I diritti nella separazione tra conviventi con figli

Per quanto il regime giuridico della convivenza di fatto sia stato ampiamente assimilato a quello delle coppie unite in matrimonio o per unione civile, restano ancora delle differenze a rammentare la diversa condizione giuridica tra loro.

Infatti, in caso cessazione del rapporto tra i conviventi di fatto, non è prevista la possibilità per il partner economicamente più debole, di chiedere l’assegno di mantenimento, in quanto la Legge Cirinnà, ha previsto soltanto il diritto all’assegno alimentare, necessario a far fronte soltanto ai bisogni primari, differenziandosi dall’assegno di mantenimento per il coniuge, che tende a garantire il medesimo tenore di vita, goduto in costanze del rapporto.

In tal caso, il convivente interessato, è tenuto a rivolgersi al giudice, affinché quest’ultimo, disponga a suo carico il versamento degli alimenti, purché dimostri di versare in stato di bisogno e di non essere in grado di provvedere al proprio sostentamento. L’entità dell’assegno alimentare, è stabilito dal giudice, in considerazione della durata della convivenza e della capacità economica del convivente tenuto ad adempiere.

Gli obblighi nella separazione tra conviventi con figli minori

Se vi è diversità quanto al trattamento ed alla misura dell’assegno di mantenimento o alimentare che dir si voglia tra la convivenza di fatto e quella derivante da vincolo coniugale, nei rapporti tra la coppia, cosa diversa è la situazione in cui siano presenti figli minori nati dalla convivenza di fatto medesima. In tal caso, difatti, la separazione tra conviventi, genera a loro carico i medesimi diritti ed obblighi, previsti in capo ai genitori uniti in matrimonio, nei confronti dei figli.

Ciò in quanto, non sussiste più alcuna disparità di trattamento tra figli nati da coppie unite in matrimonio ed i figli delle coppie non convolate a nozze. Da menzionare, infatti, che in passato vigeva la distinzione tra figli figli naturali e figli legittimi (ovvero figli nati fuori dal matrimonio o all’interno).

Attualmente, invece, si utilizza l’espressione di figli nati in costanza o meno di matrimonio, per ribadire l’assenza di diversità di trattamento (giuridico), come è confermato dallo stesso codice civile, secondo cui “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.

Da ciò deriva, che i genitori conviventi, allo stesso modo dei genitori uniti in matrimonio, successivamente alla cessazione della loro convivenza, sono gravati dall’esercizio comune della responsabilità genitoriale, debbono provvedere, secondo la loro capacità lavorativa o attività domestica, al mantenimento, all’educazione ed istruzione dei figli, fornendo l’assistenza morale e materiale, in considerazione delle necessità ed ambizioni dei figli minori.

Si applicano, quindi, le disposizioni del codice civile Libro primo, Titolo IX, Capo II, sui rapporti familiari e la responsabilità genitoriale: “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”( art. 337ter co.1 c.c.).

Nella separazione tra conviventi con figli minori, i due partner, possono accordarsi sull’affidamento e collocamento della prole , stabilendo anche le modalità ed il tempo di permanenza presso il genitore non collocatario, nonché l’entità e modalità di versamento dell’assegno di mantenimento riconosciuto ai figli minori, secondo la capacità reddituale di ogni genitore, in considerazione del tenore di vita, di cui il figlio ha beneficiato, durante la convivenza e dei bisogni e necessità avvertite dal figlio medesimo.

L’accordo raggiunto dai due genitori al termine della loro convivenza, deve essere sottoposto alla valutazione dell’autorità giudiziaria, affinché possa accertarsi la sua corrispondenza all’interesse prevalente e superiore del figlio minore.

Allo stesso modo, se al termine della convivenza, i due partner, non raggiungono un accordo sul collocamento e mantenimento del minore, dovranno necessariamente rivolgersi al giudice, per la risoluzione della controversia. In mancanza di accordo, sarà il giudice, investito della controversia, a stabilire dapprima se i figli minori, sia affidati ad entrambi i genitori, secondo le regole dell’affido condiviso oppure nei casi in cui quest’ultimo sia pregiudizievole per il minore stesso, l’affido esclusivo ad uno solo di essi.

Il giudice, stabilisce anche il versamento di un assegno periodico a favore della prole, a carico del genitore economicamente più avvantaggiato, sulla base dei loro bisogni, in considerazione del tenore di vita, posseduto in costanza di rapporto, nonché della capacità economiche dei genitori e l'assistenza morale e materiale fornita ai figli stessi.

Fonti normative

Codice civile: articoli 337 ter, 337 quater. Legge 20 maggio 2016, n. 76: Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze (legge Cirinnà).

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Avvocato Marco Mosca

Marco Mosca

Sono l'Avv. Marco Mosca ed opero da 12 anni nel campo giuridico. Ho maturato una significativa esperienza in molti settori del diritto, in particolare nell'ambito della materia societaria e di tutto ciò che ad essa è collegato. Pertan ...