Come richiedere risarcimento per danno da vacanza rovinata?

Scopriamo in quali casi il turista può richiedere un risarcimento per una vacanza non goduta e quali sono le procedure da seguire.

Il turista o il viaggiatore può richiedere un risarcimento per danno da vacanza rovinata ogni volta in cui il pregiudizio o il disagio subito abbia comportato il mancato godimento della vacanza come occasione di svago e di riposo. Sul punto interviene chiaramente l’art. 47 del Codice del Turismo, il quale precisa tuttavia la necessaria sussistenza di un inadempimento di “non scarsa importanza”. La richiesta di risarcimento può essere provata con la dimostrazione dell’inadempimento contrattuale della controparte, come indicato più volte dalla stessa giurisprudenza. Ma entriamo ora nello specifico.

1. Quando si configura un danno da vacanza rovinata?

Il viaggiatore è considerato parte debole del contratto, in quanto costretto ad accettare le condizioni ed i prezzi stabiliti unilateralmente dal tour operator, dall’albergatore o dalle varie compagnie aeree. Per rimediare a questo squilibrio contrattuale, la legge si è adeguata nel corso del tempo prevedendo una tutela per il turista. Si parla, infatti, di vacanza rovinata ogni volta in cui si configura un caso di responsabilità dell’albergatore o del tour operator, i quali non adempiano alle condizioni stabilite nel contratto. Un esempio tipico può risultare nel caso in cui il turista prenoti un soggiorno presso una determinata struttura, la quale, all’arrivo del viaggiatore, non offra la sistemazione garantita. È lo stesso Codice del Turismo (d.lgs. 79/2011) ad indicare all’art. 47 cosa si intenda per danno da vacanza rovinata, specificando ulteriormente, agli articoli 42-46, i vari casi di inadempimento e di responsabilità.

La tutela per il turista riprende in parte la tutela al consumatore, anch’esso parte debole del rapporto contrattuale. È esattamente per questo motivo che prima dell’entrata in vigore del Codice del Turismo, la tutela indicata all’art. 47 era prevista all’art. 92 comma 2 del Codice del consumo. Anche questa norma, la quale era solita leggerla in combinato disposto con l’art. 2059 (danni non patrimoniali) si riferiva ad un mancato godimento della vacanza intesa come occasione di svago. Successivamente con l’emanazione del d.lgs 79/2011, il legislatore ha optato per offrire al turista una protezione ad hoc.

2. Il danno da vacanza rovinata di che tipologia è?

Il danno da vacanza rovinata è stato oggetto di diversi dibattiti inerenti alla qualificazione giuridica. Si tratta di distinguere tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale: il primo si traduce semplicemente in una perdita economica, come ad esempio la perdita di un bagaglio o il ritardo di un volo che ha comportato la perdita della coincidenza e l’acquisto di un nuovo biglietto aereo. Al contrario il danno da vacanza rovinata è stato spesso qualificato come un danno non patrimoniale, essendo maggiormente rilevante il mancato godimento della vacanza piuttosto che il disagio economico. Inizialmente tale fattispecie rientrava nell’ambito dell’art. 2059, la quale ne limitava tuttavia l’operatività nei soli “casi previsti dalla legge”.

Perciò prima dell’entrata in vigore del Codice del Turismo, questo danno non patrimoniale poteva essere fatto valere solo in caso di lesione di un bene costituzionalmente protetto (ad esempio il diritto alla salute, leso dal mancato godimento della vacanza). Con l’art. 47 del d.lgs 79/2011 invece è stata creata una tutela per il turista specifica, che permette di ottenere senza eccessivi oneri una richiesta di risarcimento. Nello specifico il viaggiatore può richiedere un risarcimento che si caratterizza di un danno patrimoniale (facilmente quantificabile, come nel caso di un esborso maggiore per ovviare all’inconveniente) e di un danno non patrimoniale, che è costituito dal mancato guadagno sul piano del benessere della persona e della qualità della vita che avrebbe potuto apportare la vacanza, oltre ai patimenti direttamente legati al pregiudizio subito che ha impedito al turista di conseguire gli obiettivi di svago e riposo. Sulla legittimità e sulla sussistenza di questo tipo di danno è intervenuta persino la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n.26972 dell’11 Novembre 2008), confermando l’orientamento appena illustrato.

3. Qual è la responsabilità dell’albergatore nel caso di vacanza rovinata?

Il turista è tutelato ogni volta in cui si configura un danno da vacanza rovinata: questa protezione opera nel caso in cui l’inadempimento dell’albergatore sia di non scarsa importanza. L’art. 47 del Codice del Turismo opera ogni volta in cui il viaggiatore subisca un inadempimento della prestazione pagata o desiderata, per ragioni non imputabili a sé. Per questo motivo si parla di responsabilità dell’albergatore: un esempio è rappresentato dal contratto di viaggio tutto compreso (pacchetto turistico o package), diretto a realizzare l'interesse del turista al compimento di un viaggio a scopo di piacere. In questa ottica tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione dello scopo contrattuale sono essenziali e ricadono nella sfera operativa dell’albergatore.

Ad esempio, la circostanza in cui il turista sia costretto ad alloggiare in una struttura alberghiera di livello qualitativo inferiore rispetto a quella prenotata all'atto dell'acquisto o nell’ipotesi in cui la struttura non offra i vari servizi promessi (palestra, spa e piscina, spiaggia attrezzata), comporta inevitabilmente il mancato godimento della villeggiatura, dando luogo alla fattispecie della vacanza rovinata. Quella che si configura perciò è una responsabilità dell’albergatore di natura contrattuale, in quanto vengono meno gli impegni stabiliti dal contratto stesso.

4. Con quali prove è riconosciuto il danno da vacanza rovinata?

Come detto in precedenza il danno da vacanza rovinata è caratterizzato da due componenti: un disagio patrimoniale (un ulteriore esborso monetario non previsto) e un disagio psicofisico (il mancato godimento della vacanza in termini di relax). Sebbene la componente del “danno esistenziale” sia stata ufficialmente riconosciuta nella fattispecie presa in esame, è necessario compiere una precisazione sulla prova che consente al turista di effettuare la richiesta di risarcimento. Per spiegare bene il punto è utile fare riferimento ad una recente sentenza del Tribunale di Milano (Sez. XI, 15/05/2014, n. 5036), la quale dispone che lo stress e l’alterazione psicofisica dovuta all’inadempimento dell’albergatore non possano costituire una prova diretta. Al contrario assume rilevanza l’inadempimento contrattuale, che ha comportato la mancata realizzazione della “finalità turistica” o il godimento dei servizi e attività promessi dal regolamento contrattuale.

In sintesi il turista non deve fare altro che dimostrare dinanzi al giudice l’inadempimento della controparte, sulla base del contratto, indicando nello specifico quali condizioni e aspettative non sono state soddisfatte o sono risultate di qualità inferiore rispetto a quelle pattuite. Ovviamente il tour operator o l’albergatore dispongono della possibilità di presentare a proprio favore delle prove che dimostrano il totale adempimento del contratto turistico. Una volta accertato il pregiudizio, il giudice procede, in virtù della tutela per il turista prevista dalla legge, alla quantificazione del danno che deve risultare: integrale ed equa in base alle circostanze del caso concreto.

Fonti normative:

Art. 47, Codice del Turismo: Danno da vacanza rovinata

Art. 2059, codice civile: Danni non patrimoniali

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